Storia


Meno male che allora c'era Nerone
L'immagine che ci è stata tramandata non rende giustizia all'imperatore dal raffinato carisma. Una mostra a Roma

Contrariamente a quanto il suo nome potrebbe far credere, Nerone di nero non aveva nulla, tranne la leggenda che prima la storiografia contemporanea e poi quella cristiana avrebbero proiettato su di lui, attribuendo i bui tratti di molti altri imperatori romani solo alla sua figura di tyrannos-pharmakòs, re-capro espiatorio rituale, del resto perfetta, se non altro per essersi autoeletta tale.
Sfruttando un’intima vocazione teatrale, mescolandola con una calcolata attenzione all’applauso del popolo, alla politica spettacolo, riunendo in sé le icone idolatrate dalle masse — campione sportivo, attore, musicista — si costruì un’immagine apollinea e «divina»: da divo, anzi quasi da popstar. Con, tuttavia, quel particolare, raffinato carisma, che avrebbe fatto di lui un mito prima settecentesco, poi decadente. Da oggi una mostra a Roma, lungo mi fori imperiali, ne celebra la figura.
Fu Nerone a fornire l’exemplum dell’imperatore filosofo, cui si rifecero gli Antonini. Il culto per il corpo e la bellezza fisica, l’amore per l’antica paideia greca; l’estetismo, in ogni lato della sua personalità, dal collezionismo di opere d’arte alla passione per l’architettura; la sensibilità alla religione astronomico-filosofica pagana espressa nella Domus Aurea, con la grande aula ruotante su se stessa a simulare il moto della terra, costruita nel fervore del rinnovamento edilizio urbano promosso dopo il certo fortuito e a lui non imputabile grande incendio di Roma, hanno ben poco a che fare con le ostentazioni di Adriano e della sua villa a Tivoli. Di cui però nessuno ha criticato il narcisismo, lo sfarzo, il costo; che anzi è stata ed è esaltata, contrariamente alla domus «maledetta», che sarà «restituita al popolo» dagli imperatori successivi.
Il misticismo pagano di Adriano, insieme alla sua ambigua sessualità, sono stati amati, contrariamente a quelli di Nerone. Animula vagula blandula / hospes comesque corporis, poetava Adriano. Nessuno ha mai schernito questi versi, né questi tratti in lui, come invece in Nerone, che, pure, i frammenti rivelano poeta non dilettante.
La storiografia novecentesca — per non parlare della letteratura, con in testa Marguerite Yourcenar — ha esaltato, in contrapposizione alla crudeltà privata di Nerone, matricida e «suicidatore» del maestro Seneca, la moderazione di Adriano, sorvolando sulla sanguinaria repressione della rivolta in Giudea, primo genocidio ebraico della storia.
Ha stigmatizzato in lui le condanne inflitte alla minoranza cristiana dopo l’incendio di Roma attribuitole dalla plebe (ma sono leggendarie posteriori esecuzioni come la presunta decapitazione di San Paolo, che anzi da Nerone era stato assolto); dimenticando che i primi editti anticristiani risalgono a Domiziano e a Traiano e che il primo grande persecutore fu in realtà l’«imperatore filosofo» Marco Aurelio.
Ha esaltato l’amore per la cultura e per le arti degli Antonini, ridicolizzandolo invece in Nerone; ha ridotto a macchiette le letture poetiche con cui elettrizzava le folle, presentando come velleitaria la passione filosofica e letteraria che gli faceva conoscere a memoria Omero, i lirici greci, le tragedie attiche. Mentre degli «imperatori filosofi» antonini sono stata fatte icone del nostro tempo, Nerone è rimasto una macchia nera nell’aureo albo dei Cesari.
Ma Nerone, di suo, non era nero. Il nobilissimo Lucio Domizio Enobarbo, discendente da Augusto per parte di madre (Agrippina, sorella di Caligola e moglie di Claudio), apparteneva per parte di padre a una gens il cui nome significava «dalla barba ramata». I capelli, di un biondo tiziano, li portava trasgressivamente lunghi. Era salito adolescente sul trono di un impero che spaziava su tre continenti, il più grande mai esistito. Morì suicida a 31 anni, recitando un verso di Omero. Il prestigio che aveva e avrebbe avuto presso il popolo di Roma — così come in Grecia, alle cui poleis aveva restituito la libertà — è dimostrato dalle attese di un ritorno di Nerone testimoniate ancora mezzo secolo dopo la sua morte (come ricorda, nel catalogo Electa, il fondamentale saggio di Andrea Giardina); dai ben tre falsi Neroni che insidiarono i suoi successori; dagli omaggi popolari alla sua effigie e alla sua tomba, durati fino al XII secolo, quando sul sepolcro dei Domizi Enobarbi fu costruita una cappella cristiana destinata a diventare la basilica di Santa Maria del Popolo.
«Il popolo amava Nerone. Perché opprimeva i grandi ma era lieve con i piccoli», avrebbe sentenziato Bonaparte. La verità è che non esistono imperatori «lievi»; né tanto meno imperatori filosofi. Nessun imperatore romano può non rispondere almeno parzialmente ai tratti che la Leggenda Nera di Nerone, antica e poi cristiano-medievale, prestò alla demagogia, avidità, crudeltà proprie di quei sovrani di fatto assoluti, anche se a volte più a volte meno dissoluti, che furono quasi sempre i Cesari di Roma.

Silvia Ronchey
La Stampa.it / 12 aprile 2011
 

E’ ora: riabilitiamo Nerone

L’incendio di Roma? Lui non c’entrava niente. Anzi, ospitò gli scampati e pagò i danni di tasca sua. Ma fu anche un pacifista, un grande urbanista, un marito innamorato. E varò una ‘patrimoniale’ che fece infuriare i super ricchi…

Nerone non appiccò l’incendio che devastò Roma e anzi la ricostruì con un modernissimo piano regolatore. Si macchiò del delitto più atroce, il matricidio, pur se aborriva il sangue, non mise mai piede in un campo militare perché detestava la guerra, era tiranneggiato dalla poesia e dall’amore per la seconda, impegnativa moglie Poppea. Biondo-rosso, con le lentiggini e gli occhi chiari, salito al trono a meno di 17 anni e suicida a soli 30, l’ultimo imperatore della dinastia Giulio-Claudia, successore di Augusto e nipote del grande generale Germanico, è stato un personaggio controverso che però non merita la fama nefasta che da sempre lo accompagna. Non fu quella macchietta che ci ha restituito il cinema, né il tiranno dissoluto descritto dagli storici. Fu esagerato e teatrale nei comportamenti, ma non un uomo lascivo e crudele. Ebbe la fortuna di avere accanto a sé precettori del calibro di Seneca, si cimentò nella musica, amò la letteratura, le gare sportive e i divertimenti circensi.
Marisa Ranieri Panetta, archeologa e studiosa neroniana, avverte: “Nerone non era un personaggio negativo a tutto tondo. Fu un monarca molto amato dal popolo romano e dalle sue legioni. La gente, dopo la sua morte, continuò per anni a depositare fiori sulla sua tomba”. A consolidare le sue parole, c’è una mostra che si inaugura a Roma il 12 aprile: attraverso un percorso che si snoda sui luoghi della vita privata e pubblica dell’imperatore, si tenta di riabilitare la sua figura, o almeno di stabilire una verità più equilibrata.
“La mostra cerca di raccontare nel bene e nel male un’intera epoca”, spiega Ranieri Panetta, che è nel comitato scientifico della rassegna voluta dalla Soprintendenza speciale per i beni archeologici e collabora alla sua organizzazione: “Bisogna “tirare fuori dalle ragnatele” Nerone rileggendo i documenti e con l’aiuto dei reperti archeologici scoperti negli scavi più recenti. Quando parliamo della romanità quotidiana, erotica, religiosa, dobbiamo sempre fare lo sforzo di calarci nella mentalità del tempo e non giudicare col nostro metro, frutto di duemila anni di filosofia e di cristianesimo”.
Nonostante luci e ombre, Nerone era quindi un imperatore moderno?
“Sicuramente è stato un anticipatore dei tempi. Storici e biografi come Svetonio e Tacito, seppure a lui ostili, non ne possono tacere la grandissima popolarità, la fedeltà dei soldati e la munificenza nel regnare. Offrì stipendi a vita ai senatori in difficoltà, pretese lo svolgimento pubblico dei processi, diminuì i premi ai delatori. Dal punto di vista architettonico e urbanistico, Nerone dette un’impronta grandiosa e scenografica a Roma. Le sue terme, vicino al Pantheon, erano famose per il lusso e il comfort. Per se stesso, pretese il meglio: si volle immortalare in un Colosso di bronzo dorato e diede avvio alla Domus Aurea. Per la soddisfazione del popolo, inventò i “missilia”, specie di gettoni a cui corrispondevano dei premi, che lanciava durante i giochi. Si preoccupò anche dei porti di Anzio e Ostia, che fornì di un sistema di canali all’avanguardia. Aveva inoltre un gran senso della propaganda: quando venne a Roma Tiridate, fratello del re dei Parti, avvolse la città nell’oro”.
Ebbe, però, molti problemi: il Senato lo dichiarò “hostis publicus”, nemico pubblico…
“Nerone fu in contrasto con la sua classe dirigente. All’origine dei dissidi ci fu la sua riforma tributaria che oggi potremmo definire una specie di “patrimoniale”, basata sul censo. L’imperatore non faceva guerre di conquista come Traiano, che ricoprì Roma con l’oro e l’argento dei Daci. Le risorse imperiali non erano inesauribili, così pensò di introdurre tasse dirette. Ma il Senato si oppose e la sua vita privata divenne il bersaglio preferito. Fu attaccato per le sue dissolutezze e cominciarono a circolare libelli diffamatori”.
Nerone era un pacifista?
“Oggi lo definiremmo così. Fece chiudere le porte del tempio di Giano per dimostrare che l’impero era in pace. Non fu temprato dalla vita militare e durante il suo regno non fece guerre di conquista, piuttosto badò a difendere i confini. Non si recò mai negli accampamenti, eppure gran parte delle legioni gli furono fedeli fino all’ultimo, quando alcune province si ribellarono. Nerone era portato per la filosofia e la musica, adorava le corse con gli aurighi, aveva un carattere che mal si adattava alle ambizioni della madre Agrippina che aveva sposato Claudio per accrescere il suo potere e favorire l’ascesa del figlio. Il suo modello erano i greci: voleva essere un novello Apollo, incoraggiò i concorsi di poesia e le gare atletiche. La cultura, l’arte e l’architettura ebbero tutti gli onori. Lo dovette ammettere anche Tacito che Roma, dopo l’incendio, era più bella di prima.
Ma che cosa si può dire dell’incendio?
“Non fu lui il responsabile del disastro, ma se ne servì per edificare la sua reggia, incolpando i cristiani della catastrofe. Nerone era ad Anzio quando scoppiò. Fece di tutto per limitare i danni e pagò parte della ricostruzione con le sue risorse. Ospitò gli scampati nei suoi giardini ed ebbe l’idea geniale di riempire le paludi di Ostia con le macerie, così da bonificarle. Per la Roma del futuro, volle materiali ignifughi per le case, tanti porticati, strade più larghe e più punti di rifornimento per l’acqua”.
Che rapporti ebbe con le donne?
“Amò fino alla perdizione la seconda bellissima moglie Poppea. Con lei dilapidava interi patrimoni, circondandosi del lusso più sfrenato. E quando lei morì volle celebrare nuove nozze con il liberto Sporo perché vi trovava una somiglianza con Poppea. La prima moglie Ottavia, la sorellastra che sposò dodicenne, non venne mai amata, fu ripudiata e poi uccisa. Ma la donna che determinò il suo destino fu la madre Agrippina. Quando Nerone capì, certamente Seneca complice, che per ribadire il suo potere voleva usurparglielo, non si oppose alla sua morte. Dopo, fu perseguitato per sempre dal rimorso.

Arianna Di Genova
L'Espresso / 31 marzo 2011

Libri su Nerone

Dal 12 aprile al 18 settembre 2011 Roma ha ospitato la mostra dedicata alla vita e alle imprese dell'ultimo imperatore della dinastia Giulio-Claudia. La mostra è stata organizzata dalla Soprintendenza Archeologica di Roma e ha voluto rivistare la figura di Nerone: dal famoso incendio del 64 DC, che...
Il romanzo “Roma in fiamme - Nerone, principe di splendore e perdizione” di Franco Forte (della serie “La storia di Roma”, Omnibus Mondadori), è un libro di straordinaria profondità che affronta i quattordici anni di imperium di Nerone direttamente dal punto di vista dell’imperatore, dandone un...
La terribile storia di Nerone segue passo dopo passo le vicende di Lucio Domizio Enobarbo, la sua ascesa al potere, i suoi amori, le sue paure, le grandi passioni come il teatro e la musica; ma la vita privata di Nerone si intreccia, necessariamente, con la sorte di Roma e del suo impero, un mondo...
L’altra storia di Nerone, quella che nessuno conosce (salvo pochi studiosi, forse). Siamo abituati a conoscere l’imperatore dai film (primo fra tutti Quo vadis?) e dai pochi libri di storia che si studiano a scuola. Ma Massimo Fini (famoso per il suo pensiero anticonformista), traendo informazioni...